cessione di azienda con riservato dominio e
opponibilità ai terzi subacquirenti
Not. Remo
Bassetti osserva:
L'art.
1523, c.c., prevede l'opponibilità con la semplice data certa: ma questo
dovrebbe valere per i beni mobili e non, dove esiste un sistema legale di
pubblicità.
E
visto che anche nel campo delle imprese vige un sistema legale di pubblicità
sulla titolarità dell'azienda, il patto dovrebbe essere inopponibile ai
successivi cessionari, salvo voler ritenere che sia onere di costoro pretendere
di vedere l'atto anteriore (e a questo punto anche quelli precedenti che
potrebbero loro contenere la riserva).
A
reintrodurre l'opponibilità potrebbe essere la menzione nel nuovo atto di
cessione della clausola contenuta nel contratto precedente.
Not. Stefano
Bigozzi, 30.01.2001, rileva:
La
riserva di proprietà, secondo la miglior dottrina, non è altro che un diritto
reale di garanzia innominato sul bene venduto essendo la proprietà dello stesso
passata al compratore per effetto della vendita con riservato dominio.
La
riserva di proprietà è, in caso di beni mobili, sempre opponibile, anche se l'atto non è stato pubblicato nel
registro delle imprese, purché discenda
da atto avente data certa.
L'unico
modo per essere sicuri che l'azienda non sia gravata dal riservato dominio è
quello di avere la quietanza del venditore con proprietà riservata (ovvero
che l’attuale venditore abbia in mano tutte le cambiali emesse a suo tempo per
la vendita e che dovrebbero essere descritte nell'atto).
L'azienda
commerciale, ancorché comprensiva di beni immobili e/o mobili registrati, è pur
sempre un bene mobile, anzi, un bene mobile non
registrato: infatti la classificazione dei beni mobili
registrati è tipica, per cui non sussistendo norma che faccia rientrare le
aziende nel novero dei beni mobili registrati esse non possono essere altro che
beni mobili tout court.
Conseguenza
di ciò è che il notaio ha l'obbligo di verificare l'atto di provenienza
dell'azienda allo scopo di valutare se vi siano patti di riservato dominio
tuttora in vigore ed opponibili al compratore (ossia prezzi non ancora
saldati): tale indagine deve estendersi a mio parere ad usucapionem
ossia al ventennio (arg. ex. art. 1160 considerandosi l'azienda
universitas).
Riconosco
che la soluzione è draconiana ma non mi pare si possa fare diversamente dato
l'attuale sistema: infatti, anche a prescindere dal fatto che in base ad una
espressa disposizione di legge il riservato dominio nei beni mobili si oppone
solo in base alla certezza della data, da un lato il sistema non sembra
consentire una pubblicità dei patti reali (cfr. i Modd. TA vigenti nei quali la
menzione non è richiesta) e dall'altro esso consente sempre all'interessato di
dare la prova della conoscenza del fatto o dell'atto non iscritto, con il che
l'efficacia della pubblicità viene ad essere grandemente vulnerata.
Not. Adriano
Pischetola, conclude:
Mi
pare che dottrina e giurisprudenza prevalenti siano nel senso di ritenere l'opponibilità
o meno del patto di R.D. in base alla natura dei singoli beni che concorrono a
formare il compendio aziendale (e, quindi, prescindendo da una valutazione
dell'azienda come 'unicum' - in questo senso vedi anche Studio CNN a commento
legge n.310/1993).
Pertanto:
1.
per i beni
mobili non registrati e per le macchine di valore superiore a Lire 30.000, la
riserva sarà opponibile al terzo acquirente, salvo il disposto dell'art.1153,
c.c.;
2. per
le macchine di valore superiore a Lire 30.000, la riserva sarà opponibile
subordinatamente alla trascrizione del relativo patto ai sensi dell'art. 1524,
c. 2, c.c.
3. per
i beni immobili e i mobili registrati, la riserva sarà opponibile
subordinatamente all'esecuzione delle relative formalità di trascrizione ed
iscrizione (cfr. art. 1524, u.c., c.c., per i mobili registrati).
Da
ciò ne discende la evidente necessità/opportunità dell'esame del titolo di
provenienza e del successivo atto di quietanza definitivo per verificare
l'effettiva legittimazione a disporre dell'attuale dante causa, in ispecie se
il compendio aziendale si componesse solo o prevalentemente di beni mobili,
stente l'impossibilità in tal caso di tutela del terzo acquirente considerato
'oggettivamente' non in buona fede a causa della pubblicità (sia pure solo
'dichiarativa') del precedente passaggio di titolarità dell'azienda effettuata
nel registro delle imprese.